Alcol: il pesticida impossibile

Alcol: il pesticida impossibile

La normativa che regolamenta l’autorizzazione e l’impiego dei prodotti fitosanitari, meglio noti come pesticidi, potrebbe riservare sorprese ai consumatori di alcolici

Il processo autorizzativo di un agrofarmaco è lungo e costoso. Di solito servono molti anni per raccogliere i corposi dossier richiesti dalla Ue a supporto della domanda avanzata dal produttore. Per superare il vaglio degli esperti, in Europa l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, sono infatti necessari numerosi test tossicologici e ambientali. In funzione dei risultati, le sostanze attive e i formulati che li conterranno si vedranno assegnare o meno le famigerate frasi “H”, iniziale di Hazard, pericolo. Su un fungicida, per esempio, potrebbero comparire diverse frasi “H” in funzione degli effetti rilevati in laboratorio, tipo la H351 (sospettato di provocare il cancro) o la H360f (può nuocere alla fertilità). Ancora, andando verso il peggio, potrebbe figurare in etichetta la H361f (sospettato di nuocere al feto). Il che non vuol dire che impiegando in campo quel fungicida si verificheranno quegli effetti. Ciò poiché corre un’enorme differenza tra “pericolo” e “rischio”.

Il primo è caratteristica intrinseca del prodotto, il secondo è invece funzione della probabilità che quel pericolo possa eventualmente trasformarsi in danno. Una stima, questa, particolarmente accurata e prudenziale che include la valutazione dell’esposizione umana a quel prodotto a seguito degli usi autorizzati. Quando l’esposizione umana risulta trascurabile, cioè molto al di sotto delle soglie potenzialmente dannose, il prodotto viene autorizzato comunque, sebbene accompagnato dalle summenzionate frasi “H”. In sostanza, viene segnalato un pericolo, ma il rischio è considerato trascurabile. Per contro, se i rischi non possono essere gestiti le Autorità limitano gli usi delle sostanze o ne negano proprio la vendita. Quindi, farsi spaventare dalle frasi “H” sulle etichette degli agrofarmaci non ha alcun senso. Di fatto, quei prodotti sono sicuri quando impiegati nel rispetto delle indicazioni riportate in etichetta.

Le sorprese nelle nostre cantine

Alimenti e bevande non sono però regolamentate come gli agrofarmaci. Si realizzano quindi situazioni surreali per le quali alcune bevande possono essere liberamente consumate, ingerendole, ma non potrebbero mai essere autorizzate come agrofarmaci a protezione delle colture. Per quanto possa apparire assurdo, infatti, gli alcolici sono fortunati a non essere valutati come i pesticidi, poiché se lo fossero rischierebbero di sparire dai banconi dei supermercati: leggendo una scheda di sicurezza dell’alcol compaiono frasi come la H340 (può provocare alterazioni genetiche), la H350 (sicuramente cancerogeno per l’uomo), la H360 (dannoso per i feti), la H318 (gravi lesioni oculari) e, in caso di esposizione prolungata, pure la H372 (danni severi a cuore, fegato e reni).

L’alcol, cioè l’etanolo, è infatti un solvente al pari di metanolo, propanolo e altri “oli” a differente lunghezza della catena di atomi di carbonio. È quindi classificato secondo le norme del Reach (registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche), uscendone particolarmente male. Se l’alcol venisse valutato come sostanza attiva di un agrofarmaco, i formulati che lo contenessero patirebbero infatti di tutte le frasi “H” sopra riportate. Da notare che non esiste al momento alcun agrofarmaco “vero” autorizzato in Italia che riporti in etichetta le frasi H340 e H350. Probabilmente, per l’ipotetico agrofarmaco “alcolico” non verrebbe mai nemmeno inoltrata richiesta di autorizzazione, anche perché poi nessuno lo vorrebbe utilizzare. Sarebbe infatti fuori da ogni disciplinare di produzione, quindi invendibile. Si mediti perciò sul fatto che in una sola bottiglia di vino vi sono circa 100 grammi di alcol, mentre di tutti i residui di agrofarmaci presenti nei cibi si stima se ne assumano poche decine di milligrammi all’anno. Una differenza siderale, sia di quantità, sia tossicologica, che suggerisce un cambio radicale nella percezione dei rischi per la salute. Una percezione che vede oggi gli agrofarmaci descritti come veleni implacabili e gli alcolici una simpatica tradizione, per certi versi addirittura salutare. Cosa che, stando alle statistiche sanitarie, ovviamente non è.